Gioventù bruciata

ROMA

NELL'ORRORE della violenza spicca il talento degli attori, tutti, e la verosimiglianza di certe situazioni che fanno rabbrividire: sì, le cose potrebbero essere andate così. Le dieci puntate di Suburra- La serie (da domani in streaming su Netflix), ispirate al film di Stefano Sollima tratto dal libro di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, sono un'immersione nel mondo di mezzo, ma non solo. Prequel del film, ambientata nel 2008 — neiventi giorni dall'annuncio delle dimissioni del sindaco di Roma — la serie racconta chi erano Numero 8 ovvero Aureliano Adami (Alessandro Borghi), Alberto "Spadino", zingaro rampollo degli Anacleti (Giacomo Ferrara) e Lele (Eduardo Valdarnini). Come cercavano alleanze tra salotti, clero, mafia, spacciatori e «zingari de merda», come si muovevano dal Vaticano a Ostia, l'ultima frontiera, la più ambita, dove costruire il porto per il traffico di cocaina.

Ma non è solo il romanzo di formazione di tre giovani criminali — tra fragilità e machismo, microcosmo in cui i valori non sono contemplati — Suburra è anche una tragedia shakespeariana, in cui i figli devono fare i conti con padri ingrombranti (nel caso di Aureliano pure con la sorella Livia, una grande Barbara Chichiarelli). A Lele «fijo de ‘na guardia», va stretta la vita piccolo borghese, si affranca dal padre poliziotto, mentre lo zingaro Spadino, nella sua reggia barocca, combatte contro le tradizioni e il fratello criminale Manfredi (cattivo dei cattivi, interpretato da Adamo Dionisi).

«Roma cruda, santa e dissoluta/ ama e non perdona, ti divora come un barracuda» cantano in 7 vizi capitale Piotta e Il muro del canto, sui titoli della serie coprodotta da Cattleya con Rai-Fiction. Roma non riesce a divorare Claudia Gerini, revisore dei conti del Vaticano, che trascina in un'orgia un cardinale e si allea con un altro per l'ultimo business: i migranti. Il Campidoglio trasforma in faccendiere Filippo Nigro, politico idealista che butta le vecchie Clarks e i suoi principi. Samurai (Francesco Acquaroli nel ruolo che nel film era di Claudio Amendola), attraversa e gestisce mondi di mezzo, di sopra e di sotto, col suo sguardo imperturbabile. Filosofia ispirata a Massimo Carminati: i vivi sopra, i morti sotto, vince chi fa da mediatore. L'anima nera di Roma («Coi segreti ti prendi tutta la città» predica la Contessa), dal centro alla periferia, è protagonista.

Ferrara, 26 anni, regala al suo zingaro gay in cerca di felicità uno sguardo allucinato, folle, passi di danza ispirati, felpe con scritte dorate e una chioma a spazzolone. Ma anche la rabbia di chi non può vivere come vorrebbe, costretto in un matrimonio combinato che non consuma. Ma la sposa Angelica (Carlotta Antonelli), come tutte le ambiziose donne della serie, sopporta un finto matrimonio in nome della vera corona di principessa del clan.

Pantaloni scozzesi da studente, dolcevita blu, barba curata, Ferrara si è avvicinato a Suburra passo dopo passo: «Ai provini mi avevano chiesto di fare da spalla per trovare gli attori giusti per il film» racconta. «Ho accettato volentieri e lì ho capito molti aspetti del personaggio e soprattutto chi era Spadino nella testa di Sollima. Stefano è esigente, ha visto che c'era qualcosa in me, e mi ha scelto per il ruolo». Con Borghi e Valdarnini il trio è affiatato: «Il legame che si è creato è reale, abbiamo lavorato in modo fantastico. Suburra è la storia di emancipazione di tre giovani di ambienti diversi che devono trovare un posto nel mondo. Non riuscendo a essere accettati creano questa alchimia tra loro, che si concretizza in azioni spaventose».

Nato a Chieti, innamorato del cinema, a Ferrara sono bastati pochi film per imporsi. Dopo Il permesso di Claudio Amendola, accanto a Luca Argentero, ha vinto il Premio Biraghi del Sindacato nazionale giornalisti cinematografici come attore rivelazione. «Ho deciso di recitare a otto anni» racconta « la mia famiglia ha un hotel sulla Maiella, scii e vedi la Croazia, è bellissimo. In albergo c'era l'animazione e mi sono buttato. Dopo il liceo sono venuto a Roma e ho studiato all'Accademia Corrado Pani col mio acting coach, Alessandro Prete, che mi segue ancora. Questo lavoro lo vedo in maniera artigianale, devi stare sul pezzo ogni giorno e migliorare». «La cosa più difficile interpretando Spadino, che è divertente e ti permette molte libertà», spiega Ferrara «era trovare la misura per non trasformarlo in una macchietta. Per costruire il personaggio ho usato tante sfumature, un giorno col mio acting coach ci è venuta l'idea che fosse appassionato di danza e l'ho propostaalla produttrice Gina Gardini. Mi ha fatto felice che l'intuizione di un ragazzo di 26 anni venisse accettata. Abbiamo lavorato tanto anche sul linguaggio, parla con un accento molto abruzzese che si mescola al sinti».

Violento e istintivo, Spadino vive la sua omosessualità repressa e ama segretamente Aureliano, che lo rifiuta. «Spadino è isolato, nella sua comunità l'omosessualità non è accettata, tra gli zingari c'è il culto del maschio, della virilità. Soffre perché è un gay non dichiarato, trovo bello il modo in cui viene sviluppato il rapporto con Aureliano. Perché fino alla fine è fatto tutto di sguardi e non di parole, la giusta misura per mostrare le loro personalità», spiega l'attore «perché la loro alleanza è maschile, ma quando Spadino si dichiara la risposta è violenta». Il suo personaggio preferito nella serie? «Il politico Cinaglia perché il suo è un cambiamento emotivo e Filippo Nigro, da grande attore, sa restituire quella trasformazione».

Suburra racconta una città in cui non si salva nessuno: nè la Chiesa, nè la politica e la criminalità è padrona. «Personalmente mi spaventa molto più la politica che la criminalità» dice Ferrara «se ci sono individui che pensano al potere e hanno il coltello dalla parte del manico, c'è da avere paura. La serie è ispirata a fatti realmente accaduti, ma non stiamo facendo un documentario, è fiction».

Ferrara esclude che serie come Suburra o Gomorra creino emulazione: «Spero che raccontando queste storie ci sia la voglia di scoprire la realtà ma che certi personaggi facciano schifo ai ragazzi. No, non riesco a credere che qualcuno pensi di emularci o possa considerarci eroi».

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AMICI NEMICI

Accanto, Giacomo Ferrara ("Spadino") con Alessandro Borghi (Aureliano) e Eduardo Valdarnini (Lele) in "Suburra-La serie" da domani su Netflix. Sopra, Ferrara in un altro momento della fiction diretta da Michele Placido, Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi ispirata al film di Stefano Sollima (qui sotto)

Silvia Fumarola